ZANARDI
12/2010


Gianluca Bosetti ci racconta come ha liberato uno dei progetti piu' belli  in quel di Orotelli..

""ZANARDI..

Dopo tanto tempo scrivo ancora nel blog per condividere una di quelle avventure cariche di emozioni che lasciano un segno indelebile nel cuore. Parte integrante del sogno è sempre l'ambiente, suggestivo e irreale, questa volta siamo ad Orotelli, in Sardegna.  Il potenziale è pressoché infinito, alcune linee non ti danno scampo, sono magnetiche e ti attraggono con tanta forza che non ha senso opporsi.
Zanardi è LA linea per eccellenza, IL progetto. Angelo me la mostra come uno tra i tanti il primo giorno “si chiama così perché è la linea più cattiva e di pazienza” mi dice, affascinante. Il duro sembra all'inizio, poi il blocco ancora verde per il muschio (già ripulito molto tempo fa da Giorgio Soddu) si perde tra le nuvole che scorrono veloci ma si appoggia, quindi dovrebbe essere facile.
Quasi per gioco inizio a provarlo, effettivamente la partenza è selettiva, due liste aggressive, un piedino alto: difficile staccare i piedi da terra! Due movimenti che valgono subito almeno 7b! Angelo mi racconta che il movimento gli era entrato solo una volta, ma fatto questo la difficoltà dovrebbe scendere con la ribaltata. Vista la bellezza della linea il grado non mi interessa, può essere 7a come 7c.
La partenza viene, certo a disposizione ci sono pochi tentativi vista l'aggressività della roccia, ma poi si inizia a salire e mi rendo conto che la ribaltata è molto più dura del previsto, poi guardo in alto, saranno almeno 9 metri di blocco ancora da ripulire e non so nemmeno se si passa sotto.. La roccia non è sempre solida, l’insicurezza e la paura smussano la punta di motivazione, quindi andiamo a vedere altri blocchi meravigliosi come Cuccureddu de il mitico e irripetuto Christine la macchina infernale, firmato Calibba.
Per essere il primo giorno anche troppa pelle è già sparita, siamo solo all'inizio, il mirto ci aspetta; domani tocca ai blocchi di Sarule, poi qualche giorno di falesia ad Isili, tutto concordato, la vacanza procede bene ma l'imprevisto è dietro l’angolo..
L'imprevisto è il fattore più bello perché ti stravolge la vita. Si insinua con delicatezza ma costanza nel tuo subconscio e non ti lascia scampo. In questo caso naturalmente l’imprevisto è stato Zanardi: come un quadro mozzafiato si materializzava puntualmente davanti ai miei occhi chiusi proprio prima di addormentarmi, si lasciava sognare, prima con dolcezza irreale, poi con insistente prepotenza senza lasciare scampo. Così giorno dopo giorno il quadro diventa un film, alla ricerca di una possibile sequenza, di movimenti logici, di potenziali rischi, di piani d’azione: ecco questo è uno dei momenti più intensi che questo sport regala, è bellissimo lasciarsi trasportare nel sogno; inevitabile poi volerlo vivere.
Inutile quindi dire che prima della fine della vacanza quella grossa calamita mi avrebbe attratto nuovamente a se; titubante mi sono calato per pulire il blocco dalla cima, 10 metri per la precisione: ti fanno sentire piccolo piccolo. Non è stato facile, né veloce. Sono andato su e giù almeno 6 volte, il muschio volava via con la terra perché il vento aveva deciso di aiutarmi capendo che altrimenti non sarei mai riuscito in poco tempo in tale impresa. I muscoli non abituati hanno iniziato a lamentarsi, perfino i pollici non erano contenti delle vigorose spazzolate.. Molte prese che consideravo chiave si sgretolavano ad ogni tentativo e spazzolata, rendendo la sfida sempre più intensa, anche psicologicamente: cosa sarebbe successo se il giro buono uno di quei piccoli appoggi mi si fosse sbriciolato sotto i piedi?
Per risolvere il problema ho ripulito tutto il blocco ancora e ancora, finché non è rimasto solo granito perfettamente compatto ed ho cercato di usare il più possibile l’aderenza sui piedi nella parte finale. Ho provato e riprovato la delicata sequenza del ristabilimento, senza venirne a capo ma sapendo che sarebbe stata possibile se mi fossi fidato dei piedi, se avessi accumulato almeno un giorno di pelle nuova e riposato i muscoli affaticati. Dopo il ristabilimento c’è ancora un passo di sensazione regalato, non è molto difficile se paragonato al resto, ma bisogna portare il piede sinistro molto alto fidandosi del destro in aderenza: il bello è che prima si riesce a decontrarre e smagnesare stando in equilibrio sui piedi, il brutto è che solo nella mano sinistra c’è un dischetto decente, ed i piedi sono ormai a 5 metri. La mia preoccupazione più grande è che quel dischetto troppo perfetto facesse la fine delle liste che mi si erano sgretolate in mano o sotto i piedi trasformandosi in aderenze, il che sarebbe stato un vero problema, non solo per  l’eventuale caduta, ma anche perché l’uscita dal duro ristabilimento precedente si basa su questo appiglio chiave! Provo il passo più volte, cerco di essere leggero, quel dischetto non deve rompersi assolutamente.
Il desiderio inizia ad ardere, i tasselli vanno uno alla volta al posto giusto. Riesco a scalare più volte la parte finale con la corda, non è dura, solo di fiducia, mi sento molto confortato sapendo che la parte difficile rimane sotto i 5 metri, mi convinco che poi dovrò SOLO limitarmi a controllare il battito del cuore senza commettere errori, percezione purtroppo alterata dalla presenza di corda ed imbrago..
La sera seguente leggendo Topo di Falesia by Jerry Moffat mi colpisce la frase: “Nell’arrampicata, dove non ci sono Olimpiadi, medaglie o trofei per le vie più dure, fare una prima ascensione assoluta è fondamentale. Un nuovo problema è come un monumento, una testimonianza di abilità e determinazione scolpite nella roccia per sempre.”  Capisco che è proprio ciò che sto vivendo e non può essere una coincidenza. Quasi non vorrei dormire per andare subito al blocco. E' incredibile: la sera tutto sembra possibile, quasi facile, i muscoli sono caldi, la mente è come una scimmia impazzita che salta da un ramo all’altro ma la mattina ci risvegliamo completamente diversi, niente è così semplice come sembrava poche ore prima, a dire il vero ci sembra di essere ogni volta poco realisti.
Bando alle ciance, crash in spalla! Un bel caffè innanzitutto, la pelle è poca, meglio essere reattivi, solito rituale, incastra la povera corda presso un sasso appoggiato e fai tutto il giro, calati e ripulisci tutta la sequenza, scaldo le suole e le dita direttamente sul blocco, voglio essere concentrato e preciso, non devo sprecare nemmeno una goccia della poca pelle che mi rimane. Il vento è fortissimo, maestrale mi dicono, è tiepido fortunatamente riesco a tenermi caldo, attenua il calore del sole tenendo secca la pelle ma temo possa sbilanciarmi nella sequenza finale che è molto esposta, quindi per sicurezza faccio qualche giro in più. Ora con determinazione mi concentro sulla parte centrale, se ho la fortuna di arrivare qui devo mettercela tutta, negli ultimi tentativi la volta scorsa non riuscivo più a partire quindi non devo sprecare i giri buoni. Il ristabilimento è delicato, un rovescio mi aiuta a spingere più sui piedi che a tirare la ruga da mezzo centimetro con la mano sinistra. Spingo troppo, il piede scivola ed il mento raschia contro i cristalli. Non è una bella sensazione ma non sono infastidito tanto dal dolore, quanto dalla scoordinazione della caduta:  son pur sempre a 4 metri da terra. Non demordo, capisco che la precisione è essenziale, valuto il cambio di scarpetta visto che sulla tecnica mi trovo bene con le grip ma so che cosi facendo faticherò di più sulle artigliate iniziali, non importa, riesco ad impostare la sequenza e questo mi motiva moltissimo, cerco solo un piccolo scarico per non gravare troppo sulla micro lista sinistra.
Ora l’adrenalina sale. So cosa mi aspetta,  so quello che devo fare, non posso permettermi altre prove per avere più sicurezza, troppa poca pelle, mi serve per partire e sicuramente il primo movimento non mi entrerà subito. E’ praticamente l’ultimo giorno e poco importa se le dita sono martoriate: ora bisogna giocarsi il tutto per tutto; non sarà facile, già sto pensando di deviare le vacanze di Natale per non lasciare l’opera incompiuta, ma ora devo rimanere concentrato, almeno finché i tagli non mi permetteranno più di sentire le liste.
Sapevo che partire non sarebbe stato facile, stringo più volte le due liste iniziali senza nemmeno riuscire  a posizionare il piede, davvero una sospensione bella e cattiva. Mi fermo e guardo verso l’alto il primo buco svaso a cui so che arriverò dinamico, una presa perfetta, ripasso mentalmente l’accoppio ed il cambio mano preciso per essere più stabile nell’apertura a sinistra. Mi immagino mentre porto il piede alto e lo carico piano, progressivamente sul quarzetto di granito; so che sarà doloroso prendere quel rovescio di aderenza, pura carta vetrata ma chiuderò gli occhi e cercherò di tenere la schiena dritta per non far scivolare il piede e giocarmi definitivamente il mento; penso se sarò così fortunato da prendere bene la ruga di sinistro, se mentre la stringerò schizzerà sangue ovunque.. e spostando il baricentro terrà il piede destro? Anche mentre mi allungo al dischetto? Poi non sarò tanto scemo da fare errori vero??! Un piede può sempre scivolare………. Stop. Basta pensare, sto andando troppo avanti, mi fermo qui a metà blocco col ripasso, intanto arrivo qui e poi si vedrà.
Un bel respiro profondo, concentrazione e magia. Eccomi proprio dove mi ero fermato con la mente, incredibile. Cerco di respirare e mantenere la calma, i paratori si fanno piccoli e sono indaffarati a spostare i crash, ma io SO benissimo che devo stare tranquillo e pensare solo a controllare il battito del cuore, facile no?
Facile il cazzo!! Ho una specie di tamburo africano che batte da far paura, le dita sono addormentate, anestetitazze, non sento nemmeno il dischetto, figuriamoci il piede in aderenza e la ruga nella mano destra, mi sfiora perfino il pensiero di tornare indietro.. Mai, piuttosto una gamba rotta!! Ma che diavolo mi prende? Calma. Chiudi gli occhi. Respira. Respira profondamente. Non pensare. Ora riaprili e scala bene, il blocco è tuo, punto.

E’ stata una liberazione, una gioia, un’emozione indescrivibile ed un vero onore ritrovarmi in cima, mi siedo prima che il vento mi porti via. Tutto appare diverso da qui, la sequenza di prese bianche è stupenda, sono altissimo, mi godo il paesaggio, l’emozione, i complimenti, la vita. Cerco un angolo segreto dove  nascondere un frammento del mio cuore che resterà qui per sempre in cambio di tutte queste emozioni inebrianti.""

Di G.Bosetti da http://bioclimber.spaces.live.com/Zanardi





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